La chiesa dei Cappuccini - parte I

A cura della Fondazione Milano Policroma
Testo di Riccardo Tammaro

Nello scorso articolo abbiamo esaminato il Museo dei Cappuccini, sorto una decina di anni fa in via Kramer; il motivo per cui il museo sorge in quel luogo è che lo stesso isolato ospita anche la "Chiesa dei Cappuccini di viale Piave", nota anche con il nome tradizionale di "Tempio Votivo del Sacro Cuore", ed il loro convento.
Proprio di questa realtà ci occuperemo in questi due articoli, cominciando come di consueto dalla storia e concentrandoci, nel prossimo, sulla parte artistica.
Il tempio fu edificato nel medesimo luogo dove sorgeva la piccola chiesa del nuovo convento dei frati Cappuccini di Monforte, chiesa che fu subito considerata un santuario essendo la prima, in Milano, ad essere dedicata al Sacro Cuore di Gesù.
Nel bollettino del luglio 1878, edito proprio dal convento, si trovano notizie di questo nuovo edificio sacro: "Scriviamo all'ombra di un nuovo Santuario eretto al Cuore di Gesù. E' il primo che sia sorto in Milano, ove è sì immenso il bisogno del Cuore di Gesù". La grande fioritura della devozione al Sacro Cuore si deve a Santa Margherita Maria Alacoque; originaria di Lautecourt, in Borgogna, essa ne propagò il culto in seguito ad una visione che sostenne di avere avuto nel 1673 a Paray-le-Monial, dove sarebbe poi morta all'età di 43 anni; in riconoscimento dela sua opera, essa è ritratta nella pala dell'altare maggiore dell'attuale tempio votivo, insieme a San Francesco.
Il santuario sorse praticamente in aperta campagna: nel 1878 all'interno dei Bastioni si trovavano ancora molte ortaglie, e l'area prescelta era di estrema periferia; la roggia Gerenzana girava e gira tuttora intorno all'edificio, proveniendo da nord e dirigendosi a sud; all'epoca era ovviamente visibile, come pure lo era il Redefossi che viaggiava parallelamente alla roggia.
Nonostante la sua dislocazione esterna, il santuario divenne luogo di profonda devozione nonché meta di pellegrinaggi. L'edificio era piccolo e, nel volgere di pochi anni, divenne troppo angusto per il numero di fedeli in costante aumento. Già in occasione della consacrazione l'allora arcivescovo di Milano ebbe modo di dire: "…i Cappuccini hanno eretto chiesa e convento qui fuori Milano, in un luogo quasi disabitato, dove non ci sono case… ma passeranno pochissimi anni e questo luogo sarà uno dei più abitati. La loro chiesa troppo angusta, più non basterà ai bisogni spirituali dei fedeli e un'altra più spaziosa dovrà sorgere…".
Le previsioni dell'arcivescovo si dimostrarono fondate e così ben presto fu necessario intraprendere i lavori di ampliamento del santuario che iniziarono nel dicembre 1905 e proseguirono alacremente, tanto che il 25 aprile 1908 il cardinal Ferrari, arcivescovo di Milano, poté consacrare la nuova grande chiesa, quella che amcora oggi si affaccia sul viale Piave.
Quanto invece al convento, che venne costruito negli stessi anni, un fatto storico si svolse proprio presso di esso, ed è ben noto ai milanesi: i moti di Milano del 1898. Voglio qui irportare alcune testimonianze "dal vivo" del ben noto (mis)fatto.
"Io avevo dodici anni ed ero in classe ad assistere alla lezione della mattinata, quanto il direttore della scuola entrò, parlottò col maestro, e costui, rivolto a noi, disse: - Dovete andare a casa subito. C’è qualche disordine. È meglio che rientriate nelle vostre famiglie -".
Così scriveva Eligio Possenti rievocando la Milano della sua fanciullezza e l’aria che vi tirava quel 6 di maggio del 1898: un’aria di tempesta, assai simile a quella che, giusto 270 anni prima, aveva preannunciato il famoso tumulto di S. Martino di manzoniana memoria, per analoga causa, cioè la carestia (e il conseguente rincaro dei prezzi: basti persare che a Milano nel 1898 un operaio guadagnava 18 centesimi all’ora, e per acquistare un chilo di pane ne occorrevano 40).
I primi scontri avvennero nel pomeriggio di venerdì 6: il giorno seguente, 7 maggio, venne proclamato lo sciopero generale e dall’altra parte si rispose con lo stato d’assedio; così trascorse anche la terza di quelle che saranno dette le Quattro Giornate del ‘98. Né lo scenario mutò il giorno 9, che vide la conclusione dei moti di Milano, e il consegunte telegramma inviato del generale Bava BNeccaris dalla prefettura di Milano al Governo di Roma, ove si indicava che "la rivolta è stata soffocata".
Ma proprio quello stesso lunedì 9 maggio 1898, al convento di viale Piave (allora viale Monforte) era accaduto un episodio odioso: all’alba, un militare appostato col binocolo scambiò per rivoltosi dei mendicanti che attendevano presso la porta del convento la quotidiana razione di minestra, e lanciò l’allarme. In breve una batteria di cannoni viene distaccata sui prospicienti Bastioni, e da essi partirono alcuni colpi che aprirono una breccia nel muro di cinta del Convento; attraverso di essa irruppero i fanti con le baionette innescate. Il convento fu meticolosamente ispezionato alla vana ricerca di armi, poi frati e "clochard" vennero allineati e minacciati di fucilazione; alla fine si contarono tre mendicanti uccisi e una decina di essi (oltre sd un frate) feriti.
Inutili furono le proteste dei Padri che, anzi, vennero tradotti, fra due ali di truppa schierata, in Prefettura, ove subirono un’umiliante perquisizione, ed evitarono il carcere solo grazie ad alcuni illustri cittadini, capeggiati da don Achille Ratti - il futuro Papa Pio XI - che garantirono per loro e ne ottennero così il rilascio.
Nel prossimo articolo ci occuperemo della parte artistica del complesso.